Podcast, il formato non è il format

Set 6, 2024

Uno, nessuno e cinquantamila. No, non parliamo di Vitangelo Moscarda ma del numero di podcast in Italia, e solo su Spotify. Almeno Pirandello lo scrisse breve, il suo grande romanzo, mentre qui c’è un papiro: tra interviste, free-talk, narrativa, news e crime, i 16 milioni di ascoltatori connazionali iniziano a sdoppiarsi d’identità. Mr. Hyde? Forse, ma il caso non è affatto strano: dove c’è abbondanza, si sa, la fuffa attecchisce ovunque. Per fortuna, basta un pizzico di format e la pill va giù, nel padiglione auricolare.

 

Questioni di desinenze

Dai brand ai quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, il podcast è veramente dappertutto. E quanti davvero lasciano il segno? Uno, nessuno, non certo 50mila. Ma quei pochi, hanno una cosa in comune: un format. No, non abbiamo perso una “o” per strada: il format, al contrario del formato che è legato meramente all’aspetto del contenuto e al canale di delivery, ha un’identità precisa, un concept chiaro, un purpose che lo connota. 

Pur che? No, non è una formula magica. Anche perché il format nasce sempre dall’analisi del contesto: per creare un podcast crime unico, c’è prima da capire in primis come lo hanno fatto gli altri. E poi osare, uscire dai binari, incidentare anche, con un bell’approccio autonomo e differenziale.

Bando alle ciance, andiamo ai format – degli altri, che certo non abbondano ma i nostri preferiti ce li teniamo stretti. Teneramente, lobo contro lobo.

 

I format(i) degli altri

Basta tuffarsi nei notiziari, che sempre più si dilettano nel podcasting: il baritono che legge i giornali, ne estrae una manciata di news et voilà, puntata n. 385. Per fortuna è venuta una voce gentile a consegnarci un gran bel format: Mia Ceran, con The Essential. Un’altra voce, anche se non è tanto l’audio a fare la differenza: è il tempo, soli 5 minuti – in barba ai logorroici. Perché la sintesi, in comunicazione, è quasi sempre una conquista. E così Mia ha fatto del tempo, condensato, il suo format. All’epoca delle news, dove è facile perdersi, finalmente un notiziario veloce, efficace, asciutto. Essential, insomma.

Meglio ascoltare con le cuffie bluetooth, che il cavo è troppo corto per saltare di palo in frasca. Ma dalle news alla storia, incontriamo un altro format: quello di Barbero, anche se inconsapevole – il podcast gliel’ha fatto qualcun altro, e ci ha visto lungo. Caso anomalo quanto interessante, perché qui il format lo fa tutto lo speaker. Sì, ma che speaker: uno storyteller empatico e leggero che abbatte il tradizionale Cicerone. Ciao ciao manuali, documentari, lectio magistralis, Barbero ci appassiona a colpi di aneddoti e chicchette, e alla fine si impara molto più così. Grazie, prof.

Altro viaggio incredibile, dall’antica Roma ad oggi, è quello di Tintoria. Che cos’ha di speciale? Beh, qui il format è un bel cross-over: un po’ comedy, un po’ intervista. Non il solito faccia a faccia, il giornalista che approfondisce vita-morte-miracoli, ma un duo di bravi ragazzi dalla stand-up (due dei famosi quattro amici al bar) che senza peli sulla lingua si immerge nella biografia dell’intervistato. Non il solito show! Quanto devi essere bravo per rendere comica anche la vita privata di Gino Paoli. Un colpo al cuore, è il caso di dire.

Lontano dal mainstream, c’è un mondo inesplorato con qualche format stravagante, anche se meno conosciuto. Ne peschiamo uno: Totale, podcast di Jonathan Zenti che parla, indovinate un po’, di notizie. Sì, ma il format cambia tutto, perché ogni episodio è impostato come uno show televisivo, ironico. C’è un pubblico, fake, che ride e applaude, mentre Zenti esplora le notizie più trucide, violente e drammatiche della settimana – qualcun altro lo fa così? E il famolo strano non può che entusiasmarci, pensando a decenni di missionaria.

 

Un caso no-strano

E così, per essere uno e non nessuno, ci siamo messi anche noi alle prese con un format audio: Grappino, il podcast di chi non se la beve. Che cosa? La fuffa, quella che serpeggia tra i famosi cinquantamila – la stessa che invade il nostro settore. E per combatterla, che è la nostra missione da sempre, Grappino va dritto in gola, forte, secco, freddo e poi caldo, come le opinioni di casa pe.pe. C’è a chi non piace, per carità, e a noi va bene così. Perché il mondo si divide tra chi si ferma al caffé e chi no.

Raccomandato per stomaci forti eh, ma anche per chi non molla fino all’ultima goccia. Alla salute!