event marketing

Ormai lo sapete, siamo ossessionati dalle definizioni. Ma d’altra parte, come fai a relazionarti con un concetto se non lo conosci abbastanza? Funziona un po’ come i rapporti. E allora lo abbiamo chiesto a Google: che cos’è l’Event Marketing?

I primi risultati di ricerca concordano su questa definizione: è l’insieme delle attività di pianificazione, organizzazione ed esecuzione di eventi volti a promuovere un prodotto, servizio o brand. 

Mmm, non ci torna. O perlomeno, non ci torna oggi. 

Vedere un evento solo come mezzo, seppur potente, è riduttivo. Perché l’evento ha (o dovrebbe sempre avere) una sua identità, con un preciso purpose: far vivere un’esperienza memorabile e unica. Se poi diventa un format scalabile, o un brand, ancora meglio. Non a caso quello che chiamiamo Event Marketing genera un giro d’affari di oltre 900 miliardi di dollari, che si stima arriverà a superare i 1.900 miliardi entro il 2028.

E se Novecento di Bertolucci era un’opera utopica a cavallo di più generazioni, questo XX billion è un obiettivo più che raggiungibile che coinvolge tutti, dalla X alla Z.

Perché nel moderno Event Merketing aka Experience Marketing, il consumatore subisce una metamorfosi – e a qualsiasi età: diventa lui il protagonista di un’esperienza totale, immersiva. Non a caso in economia si parla di sovranità del consumatore, il solo a poter avanzare in ogni direzione, come un re viziato da regole nuove: contest imperdibili, gadget esclusivi, anteprime, ospiti, intrattenimento senza fine. Il tutto, al centro del palcoscenico: sarà una combinazione che i business man hanno coniato il concetto di consumAttore? Un neologismo che non la manda a dire, come una commedia all’italiana. 

Ecco allora che l’evento, da contenitore diventa contenuto e da contenuto diventa contatto. Step by step e lead per lead, la partita a scacchi prende forma.

 

Event MarkeKing: Sanremo

Parlando di lead(er) non potevamo esimerci dal rinominare – poi per quest’anno la smettiamo, almeno fino all’apertura del nuovo FantaSanremo – lui, il sole che apre ogni fiore, la Stella Polare musa di noi naviganti del pianeta Italia: Sanremo. L’ha accesa Amadeus, perché con buona pace di Baglioni e altre mummie, il Festival era un evento quasi qualsiasi, un picco di share per mamma RAI, certo, poi però tutti a nanna. Oggi invece dalle parti di Sanremo succede di tutto (ne sappiamo qualcosa) e si dorme molto-molto poco. 

Come un vero brand, Sanremo ha creato una community fidelizzata che interagisce con l’evento dappertutto: sul posto, alla vecchia maniera, tra le installazioni dei cantanti in gara – tra una letta all’Edicola Dargen e una fetta in Pizzeria Geolier – il pot pourri di celeb tra le vie del centro e tutti gli show di contorno, dal palco Suzuki alla Costa Smeralda, fino ai truck delle radio nazionali – ma anche online, dove i meme si sprecano e i numeri seguono i picchi della tv, in diversi casi superandoli. 

Chi sono i protagonisti di questa esperienza da 14,3 milioni di spettatori? Beh, gli spettatori. Chi dal divano di casa, chi dalle poltrone dell’Ariston, beati (e ricchi) loro. In questo gran concerto collettivo, si scopre il genio di Amedeo Umberto Rita Sebastiani e il suo grande merito: aver scritto una nuova narrativa dell’evento, che da adunata occasionale diventa marchio, registrato – seppur in streaming – a tutti gli effetti. 

Altro che Noia.