Creativi sì, stregoni mai – a differenza di quei guru del marketing che, a fine anno, si riscoprono tolkieniani. Occhio, di Sauron, a maghi e oracoli improvvisati: a fine anno, eccoli con la Trend Analysis del 2025, ricavata da chissà quali palle di cristallo – almeno quattro, che un paio ne sparano, un paio ne rompono. Bravi loro, ma mentre il web si affolla di previsioni fantasy, noi preferiamo un altro genere: l’articolo, nel nostro stile, critico e diffidente. E allora vediamoli, ‘sti trend.
Veni, video, vici
Senza foga, partiamo dal presente. Quello della società dei consumi, dove Zygmunt Bauman – da non confondere con Sigmund – ci ha abbandonati, liquefatti sul sofà tra Netflix e l’home delivery. Pizza o sushi? Gusti a parte, l’appetito digitale è lo stesso per tutti: video, a bizzeffe. E il 2025 si preannuncia famelico, visto che l’82% del traffico globale di internet sarà animato da contenuti video – nel 2018, per dare una misura, erano meno del 59%.
Lunga vita al video, nello scrolling quotidiano, ma anche in pubblicità. Ebbene sì, quello del video advertising sarà un autentico mercato da 45 miliardi di dollari – numeri complessi, per una semplice ragione: i video hanno tassi di conversione elevatissimi. D’altronde, la probabilità che un consumatore compia un acquisto, dopo aver visto un video, schizza all’85%. E con l’orda video, speriamo vivamente che certe locandine promozionali fai-da-te, stile sagra di paese, spariscano dal feed.
Call me by your SEO
Strano ma vero, marciando verso il 2025 torna di moda la voce. Una ripicca al mutismo dello scrolling ossessivo – di cui sopra – o più semplicemente la pigrizia di non voler scrivere? Ahinoi la seconda, come suggerisce la crescita del 33% sul mercato degli smart speaker, solo nel 2024.
Si torna a parlare? Macché, sarà un privatissimo monologo con Alexa. Nell’assolo, però, cambia anche il coro: la SEO, che dirige i contenuti online, dovrà aggiornarsi. Sì, perché oggi i contenuti si ottimizzano su ciò che scriviamo – domani, dovranno considerare ciò che chiediamo. Vedi Google: il 70% delle ricerche effettuate a voce utilizzano un linguaggio complesso – se la gente scrive “ristorante vegano Roma”, a voce chiede “qual è il miglior ristorante vegano a Roma?”. Con buona pace per i maniaci della brevitas, i contenuti online dovranno includere le famose long-tail keywords – nomenclature più lunghe – per intercettare le ricerche vocali. In bocca al lupo, marketers!
Micro vale macro
Per carità, non ricominciamo col ritornello della GenZ – più autentici, più sostenibili, più ingaggiati. Archiviata la filastrocca, cantiamo una novità dell’influencer marketing: brand, aziende e agenzie vanno sempre più a caccia di micro e nano-influencer. Discount? Sicuramente meno costosi che George Clooney per Nespresso, ma allo stesso tempo più credibili. Guarda caso, solo su TikTok, i micro influencer vantano un tasso di engagement attorno al 18%: i macro si arrestano al 5%.
What else? Già oggi lo vediamo, ma si consolida un nuovo modello di pubblicità: congedato il grande spot, milionario, con il grande testimonial, impalpabile e hollywoodiano, ecco una pletora di collaborazioni, UGC, product placement. Non Sinner nello spot di Lavazza, in televisione, ma Lavazza sulla scrivania di uno streamer, su Twitch – così, magari, il caffè non ci andrà di traverso.
San Dopami-gnano
Tra video, voci, star, il feed si fa epilettico. E le convulsioni del pollice impazzito (che dai 35 anni in su diventa indice), nello scrolling patologico, segnalano un grosso, gigantesco problema. Cosa direbbe il dottore? All’epoca di Google ci si cura da sé – e le ricerche segnalano un trend, terapeutico, che non accenna a scemare: il dopamine detox. Non a caso, nell’anno del brain rot, il “cervello marcio” che Oxford ha nominato espressione del 2024, l’intossicazione digital da dopamina sta portando all’ascetismo: cancellare gli account social, limitare il gaming, dedicarsi ad attività non digitali. Una nuova San Patrignano, versione 2.0.
Metodo Muccioli? Sia mai, ma in ogni caso c’è un’overdose di dopamina. E nel delirio della FOMO, si annuncia un’inversione di rotta: anche se la media, generosa, ci informa che sui social spendiamo 2 ore e 23 minuti al giorno, allo stesso tempo, ogni mese, 1 milione di persone cercano su Google come cancellare il proprio account Instagram.
Una grande deriva per i social? Di nuovo, non facciamo previsioni. Ma un commento sì, doveroso. Nel circo dei social, dove i contenuti si accalcano in bilico come funamboli e le dipendenze si travestono da clown, sarà sempre più importante ritrovare la qualità perduta. E allora una speranza, per quel futuro che ci spetta: che sia un 2025 con meno fuffa.